top of page
Immagine del redattorematteofiorivet

L' ALIMENTAZIONE NEL CANE E NEL GATTO ANZIANO

Cosa è importante sapere

Il benessere e l’evoluzione delle cure riservate agli animali domestici nei paesi occidentali sono sicuramente le due condizioni che hanno permesso negli ultimi decenni l’allungamento della vita nel cane e nel gatto. La maggiore età di sopravvivenza ha ovviamente comportato anche un incremento di patologie croniche più raramente riscontrabili nel giovane.




Ma quando si può definire un cane o un gatto anziano?

Diversi “modelli temporali” sono stati proposti nella ricerca di una classificazione ma, in ragione di grandi differenze presenti all’interno delle due specie, quella più semplice è ancora oggi basata sulla taglia. Questo è valido soprattutto per i cani, dove la vita media è correlata in modo inversamente proporzionale alla taglia. Vale a dire che, notoriamente, maggiore è la taglia minore è l’aspettativa di vita, e l’arrivo della condizione di “anziano” sarà così correlata. Quindi si può arrivare a definire un cane anziano a partire da circa 11/12 anni per le taglie piccole (di peso fino a 10 Kg), fino ad arrivare ai soli 7/8 anni per le taglie giganti (di peso superiore ai 45 Kg). Invece il gatto, non essendoci grandissime differenze di taglia o razza, lo potremmo definire anziano all’età di 12/13 anni.


Esistono però fattori che potrebbero maggiormente essere utili nel definire un cane o un gatto anziano, che sono quelli legati all’insorgenza di una minore attitudine al gioco e all’attività in genere, al cambiamento delle caratteristiche di colore e lucentezza del mantello, ad un abbassamento delle funzionalità sensoriali in genere e, più specificamente, ad un abbassamento generale della funzionalità organica. Questi fattori suggeriscono di per sé la necessità di una restrizione del fabbisogno energetico. E’ logico che questo concetto è applicabile solamente se questi fattori sono presenti; quindi l’arbitrarietà della definizione “senior” basata solamente sull’età non dovrebbe essere applicata nel cambiamento alimentare.


Contrariamente definire un animale “vecchio” è operazione più complicata, sia che lo si voglia fare con una valutazione temporale sia, a maggior ragione, che lo si voglia fare sulla valutazione della condizione più strettamente clinica e metabolica, sconfinando spesso in animali che inevitabilmente vanno incontro a patologie croniche correlate proprio all’invecchiamento d’organo e/o apparato. Difatti, mentre nell’animale anziano si nota spesso la tendenza ad ingrassare, rendendo necessaria la riduzione del carico energetico totale, l’animale vecchio tende all’opposto a perdere peso con una riduzione a volte significativa delle masse muscolari, rendendo necessaria una rivalutazione del carico proteico e del valore biologico delle proteine introdotte nella dieta.


L’esempio sul carico energetico da ridefinire esclusivamente in base alla definizione semplicistica di “anziano” o “vecchio”, lo si può facilmente traslare in considerazione delle modifiche della motilità intestinale, del sistema immunitario, delle funzioni cognitive, che necessitano approfondimenti e aggiustamenti nutrizionali in termini di antiossidanti, acidi grassi essenziali, fibra, ecc…, che non possono essere uguali per tutti.


In conclusione la dieta riservata all’animale anziano andrebbe modulata non attraverso la generalizzazione di esigenze preconfezionate, ma, al contrario con l’attenta valutazione delle esigenze che possono cambiare in modo molto diverso da soggetto a soggetto.


Sono a disposizione per una consulenza personalizzata:



Comments


bottom of page